Luciano Lepre: cicloviaggiatore italiano con esperienza pluriennale ora di base in Svizzera http://www.veraluc.com/ conosciuto da Dimitri nel viaggio in Costarica.
La Legge di Luciano: Se devo dormire nello sporco dormo nel mio.
Noi abbiamo derivato poi la seguente: Se devo mangiare nello sporco, mangio nel mio.
In questo viaggio abbiamo cercato di rispettare sempre tutto questo, solamente una volta non ci siamo riusciti, quando incontrammo il "cazador de los ciclistas".
Comunque consigliamo a tutti i viaggiatori futuri di fare tesoro di questa legge e della sua derivata, ne uscira' un viaggio migliore e piu' sano. Buona strada a tutti!
mercoledì 22 dicembre 2010
martedì 21 dicembre 2010
Ringraziamenti finali
Ringraziamo prima di tutto Anna e Marta, che hanno pazientementente accettato di lasciarci partire per un periodo cosi' lungo e per l'ennesima volta. Eugenio "Giuge" che ci ha messi in contatto e ci ha lanciato l'idea di un viaggio insieme. Matteo che ci ha portati (e speriamo ci venga a prendere) all'aeroporto. Enrico che ha curato il blog con pazienza e dedizione. Stefano di Reptiland che ci ha fornito le magliette che abbiamo indossato tutti i giorni (qualche volta le abbiamo anche lavate), Moreno e Pilo di Princycles per il supporto tecnico ad Alberto e Valerio di Todesco Moto per il supporto tecnico a Dimitri. Dimitri ringrazia in maniera particolare Alessandro che l'ha tenuto per mano nei momenti bui della carriera ciclistica. Stefano (Valbu) per i ricordi del precedente viaggio nel 2003, Marco (MPC) per il costante appoggio morale, Marco (Marcusen) per le uscite mensili di allenamento in montagna.
Ringraziamo le nostre mamme - da bravi italiani - per la loro pazienza ed infine tutti coloro che ci hanno letto, seguito, incoraggiato e postato commenti su questo blog.
Ringraziamo le nostre mamme - da bravi italiani - per la loro pazienza ed infine tutti coloro che ci hanno letto, seguito, incoraggiato e postato commenti su questo blog.
Patagonia I love you
Qualcuno ci fa notare che ci lamentiamo sempre come due zitelle inglesi... E' vero, forse questo e' dovuto al fatto che quando torni in un posto dopo tempo che c'eri gia' stato, tendi a confrontare la prima esperienza con la seconda e a rilevare i cambiamenti. I cambiamenti che ci sono stati qui non ci piacciono. Ciononostante questo viaggio e' stato una esperienza meravigliosa (e un privilegio): quando stai pedalando al massimo dello sforzo nonostante il dolore alle gambe e la stanchezza, le mani ti si intorpidiscono dal freddo, sulla faccia scorrono le gocce della pioggia mista al fango che si alza dalla strada fradicia, i denti digrignati nello sforzo, i piedi ghiacciati che pero' continuano a spingere e la testa che pensa solo ad arrivare, se in quei momenti cio' che ti scorre davanti, boschi, laghi, valli, fiumi, fiordi, cime innevate, animali, ti ricompensa, allora significa che sei nel posto giusto e stai facendo quello che volevi fare. E per noi e' stato cosi'. La meraviglia dei paesaggi in cui siamo passati e la consapevolezza della probabile irripetibilita' di quello che stavamo facendo ci ha ricompensato di tutta la fatica e ha aumentato in noi l'amore per questa terra selvaggia. Ed e' questo amore per la Patagonia che ci fa notare come siano cambiate le persone che la abitano: una volta sincere e ospitali, ora dedite - e neppure tanto velatamente - al loro interesse.
lunedì 20 dicembre 2010
Tiriamo le somme...
Le somme del viaggio.
DATI DEL PERCORSO: 2230 km totali percorsi, 26.620 metri di dislivello in salita, altitudine massima raggiunta 1120 metri s.l.m., 144 ore totali di pedalata in 26 giorni effettivi. Distanza giornaliera media percorsa 85 km, tempo giornaliero medio di pedalata 5 ore e 30 minuti. Velocita' media complessiva del viaggio 15,3 km/h. Distanza massima percorsa in un giorno: 152,58 km. Tempo massimo di pedalata effettiva in un giorno: 9 ore e 7 minuti.
DATI ALIMENTARI: Fabbisogno calorico giornaliero stimato: 5800 Kcal/giorno. Numero litri di Coca-Cola consumati: circa 100 (stima per difetto). Quantita' di pasta massima ingurgitata in un solo pasto: 400 gr a testa (sugo escluso). Alimento piu' frequentemente consumato: pane con prosciutto e/o formaggio.
DATI ATTREZZATURA: Peso totale medio dell'attrezzatura (bici + bagaglio): 45 kg a testa. Numero di forature: 2 (tutte di Dimitri e in 5 km!). Numero di pattini di freno consumati: 3 copie (tutte di Alberto). Parafanghi rotti per fatica: 1.
DATI IGENICO-SANITARI: Numero di cadute di rilievo: 1. Quantita' di Aulin consumati: 200 mg. Quantita' di Tachipirina consumata 4 g. Notti senza doccia: 2. Numero di completi da bici effettivamente utilizzati: 1. Numero di lavaggi effettuati al completo da bici: 2. Numero di giorni medi trascorsi nel completo da bici non lavato: 10. Numero di rotoli di carta igienica consumati: 5. Numero di saponette consumate: 2. Numero rasoi da barba consumati: 2.
ALTRI DATI: Stima della spesa totale: 2.750 euro (volo aereo incluso, stima per eccesso): 63 euro/giorno (37 euro/giorno costi di soggiorno). Numero di foto digitali scattate: circa 1.000. Chilometri percorsi in compagnia di un cane: 55 (Contador) + 7 (altro cane) = 62.
DATI DEL PERCORSO: 2230 km totali percorsi, 26.620 metri di dislivello in salita, altitudine massima raggiunta 1120 metri s.l.m., 144 ore totali di pedalata in 26 giorni effettivi. Distanza giornaliera media percorsa 85 km, tempo giornaliero medio di pedalata 5 ore e 30 minuti. Velocita' media complessiva del viaggio 15,3 km/h. Distanza massima percorsa in un giorno: 152,58 km. Tempo massimo di pedalata effettiva in un giorno: 9 ore e 7 minuti.
DATI ALIMENTARI: Fabbisogno calorico giornaliero stimato: 5800 Kcal/giorno. Numero litri di Coca-Cola consumati: circa 100 (stima per difetto). Quantita' di pasta massima ingurgitata in un solo pasto: 400 gr a testa (sugo escluso). Alimento piu' frequentemente consumato: pane con prosciutto e/o formaggio.
DATI ATTREZZATURA: Peso totale medio dell'attrezzatura (bici + bagaglio): 45 kg a testa. Numero di forature: 2 (tutte di Dimitri e in 5 km!). Numero di pattini di freno consumati: 3 copie (tutte di Alberto). Parafanghi rotti per fatica: 1.
DATI IGENICO-SANITARI: Numero di cadute di rilievo: 1. Quantita' di Aulin consumati: 200 mg. Quantita' di Tachipirina consumata 4 g. Notti senza doccia: 2. Numero di completi da bici effettivamente utilizzati: 1. Numero di lavaggi effettuati al completo da bici: 2. Numero di giorni medi trascorsi nel completo da bici non lavato: 10. Numero di rotoli di carta igienica consumati: 5. Numero di saponette consumate: 2. Numero rasoi da barba consumati: 2.
ALTRI DATI: Stima della spesa totale: 2.750 euro (volo aereo incluso, stima per eccesso): 63 euro/giorno (37 euro/giorno costi di soggiorno). Numero di foto digitali scattate: circa 1.000. Chilometri percorsi in compagnia di un cane: 55 (Contador) + 7 (altro cane) = 62.
Ode al Pizza Bely
Non venite in Patagonia, non venite ad Ushuaia ma se dovete per forza farlo andate a mangiare dal Bely in Avenida Gobernador Paz... Dopo aver constatato l'aumento spropositato dei prezzi dei locali di ristorazione, abbiamo addocchiato una pizzeria-empanaderia dall'apparenza familiare ("casera") gestita da un "abuelito" (nonnetto) con figli e nipoti... Prezzi modici (3,5 pesos ad empanada contro i 6-7 della media), porzioni abbondanti e - la cosa piu' importante - la bonta' del prodotto. Alle pareti foto del nonnetto in abito elegante nella sua passata carriera canora, tipo Frank Sinatra... Il locale e' frequentato principalmente dalle persone del posto, indice di qualita'.
Riflessioni di viaggio (AL)
Quando ero piccolo, i miei genitori mi portavano in vacanza alle 5 Terre. A prendere un po' di aria di mare perche' ero cagionevole di salute. Le 5 Terre erano un posto selvaggio, in cui si arrivava con treni un po' puzzolenti oppure con una strada sterrata sulla quale, se ti succedeva qualcosa, erano guai... dovevi arrangiarti. La gente coltivava i terrazzamenti e ogni contadino - i contadini vivevano di agricoltura - produceva il suo vino. Gli alloggi erano un po' scomodi ma le persone erano ospitali e sincere. Oggi alle 5 Terre trovi turisti di tutto il mondo che si ingozzano di pizza e spaghetti prodotti apposta per loro da ristoratori milanesi, romani e napoletani che fanno affari spennandoli. Ci sono escursioni guidate alle gallerie dismesse della ferrovia, i sentieri che un tempo erano pensati per collegare i paesi ora sono a pagamento e gli alloggi sono carissimi e di lusso. Di vino ne e' rimasto uno solo: il famoso DOC chiamato "Sciachetra' '". Cos'e' successo? Semplicemente e' arrivato il "turismo industriale". Come dice Marco Paolini, il turismo e' una "industria pesante". Cambia i luoghi omogenizzandoli, modifica le occupazioni delle persone standardizzandole e alla fine la sensazione - che tu sia a Venezia o in Sud Africa - e' quella di essere in un mondo un po' finto che altri hanno preparato per te, per la tua comodita', anzi perche' tu ti possa "rigenerarare" dalle fatiche alienanti della quotidianita'. Cosi' non rimane che pensare a come era Venezia ai tempi di Marco Polo, le 5 Terre ai tempi dei contadini o le Eolie ai tempi dei marinai, oppure la Patagonia ai tempi di Andreas Madsen.
Probabilmente la gente stara' meglio facendo l'albergatore o il conduttore di autobus, non dico di no. Ma il prezzo che paghiamo per il "progresso" e' la perdita' di "diversita' etno-antropologica" per cui della tipicita' di un luogo rimane solo qualche piatto tipico, fatto per per attrarre il turista che vuole qualcosa di nuovo, se non inventato appositamente per lui (come qui in Patagonia, la marmellata di Calafate...).
Probabilmente la gente stara' meglio facendo l'albergatore o il conduttore di autobus, non dico di no. Ma il prezzo che paghiamo per il "progresso" e' la perdita' di "diversita' etno-antropologica" per cui della tipicita' di un luogo rimane solo qualche piatto tipico, fatto per per attrarre il turista che vuole qualcosa di nuovo, se non inventato appositamente per lui (come qui in Patagonia, la marmellata di Calafate...).
domenica 19 dicembre 2010
Bahia "La Patacca" (Lapataia)
Oggi ultimo giorno di pedalate in Terra del Fuoco. Decidiamo di andare fino alla fine della ruta nazionale numero 3 alla famosa Bahia Lapataia, all'interno del Parque Nacional Tierra del Fuego. Sono 24 km di sterrato piacevole (anche perche' siamo senza le borse), non c'è vento anche se una pioggerellina lieve ci tiene costantemente umidi. Ci sono 10 gradi. All'ingresso del parco scopriamo che la quota da pagare dal 2008 ad oggi e' lievitata da 30 a 65 pesos che sono circa 13 euro. Voi direte: "Beh, non e' molto!". Bisogna considerare pero' che un fuegino paga solo 5 pesos. La sorpresa ci mette di cattivo umore: Usuraia colpisce ancora! Chiediamo lo sconto "ciclisti", ma non ce lo concedono. Maledetti vampiri, ormai rasentano il ridicolo: hanno perfino costruito il "trenino della fin del mundo", un trenino a rotaie che arriva diretto al Parco Nazionale per chi non volesse utilizzare il banale autobus. Ogni occasione e' buona per raccattare soldi dai turisti. E pensare che alcuni amici osservavano che per fare un viaggio in Patagonia ci vuole coraggio: orami in Patagonia non si corre piu' alcun rischio. Con un portafoglio ben fornito si puo' avere qualsiasi cosa. Quando siamo arrivati al cartello di "fine ruta" abbiamo persino dovuto fare la coda per la foto: orde di turisti scesi da decine di autobus, si susseguivano davanti al cartello per immortalarsi... E pensare che gia' nel 1948 Andreas Madsen diceva "Pobre Patagonia!" perche' vedendo ogni tanto un veicolo a motore passare di fronte alla sua estancia, gli sembrava che la Patagonia stesse perderdendo il suo romanticismo.
sabato 18 dicembre 2010
UsuRaia
Quando ci svegliamo il tempo e' in netto peggioramento. L'orologio multifunzione di cui siamo dotati dice "pioggia a catinelle". Tentare l'Estancia Harberton sarebbe azzardato e le prime goccie ci fanno cambiare programma. Fabian ci offre la colazione a base di caffe' e fette biscottate con marmellata di calafate (una bacca tipica della Patagonia). Iniziamo la discesa a Ushuaia che non e' per niente in discesa: infatti e' un lungo succedersi di sali-scendi, piu' sali che scendi... Alla fine vediamo il Canale del Beagle: siamo arrivati! Al totem d'ingresso in citta' ci fermiamo a scattare le foto con le magliette celebrative di Reptiland e con le giacche di Todesco Moto e Princycles, i nostri "partner" di viaggio. Le grandi fatiche patagoniche sono finite! Tutto e' andato per il meglio. Entriamo nel centro cittadino dove all'agenzia di turismo ci consigliano un ostello che costa 54 pesos al giorno ma quando arriviamo scopriamo che la quota e' di 65! Questo e' un leitmotiv di Ushuaia, che non a caso Dimitri ha gia' soprannominato "USURAIA" nel 2003. Rispetto al 2008 i prezzi sono aumentati almeno del 30% e ora sono sopra gli standard europei!!! Nel pomeriggio recuperiamo tutto il materiale necessario all'imballaggio delle bici. I prossimi giorni saranno dedicati al riposo e ai primi bilanci del viaggio, visto anche che le previsioni meteo sono decisamente nefaste.
Passo Garibaldi
Con calma, dopo una abbondante colazione presso la mitica panaderia "La Union" di Tolhuin, partiamo in direzione Ushuaia. L'idea e' quella di fermarci in un campeggio che si trova a circa 30 km dall'arrivo per tentare il giorno dopo una visita alla storica Estancia Harberton che dista a sua volta 100 km (andata e ritorno) dal campeggio, fuori dalla rotta per Ushuaia. La sera prima il titolare de Los Amigos II - dove eravamo stati a mangiare - aveva chiamato per noi la protezione civile locale per chiedere delle previsioni del vento: poco vento e forse pioggia. Invece il vento e' forte e contrario e di pioggia neppure l'ombra... A cinquanta chilometri dall'arrivo - dopo molti sali e scendi - c'`il mitico passo Garibaldi. In realta' si tratta di una salitina con pendenza massima 5%, che non ci impegna particolarmente ma che simbolicamente segna l'arrivo alla fine del viaggio, perche' e' "pre-arrivo alla fin del mundo" . Quando passiamo noi, scende nevischio e la temperatura crolla. Questo non ci impedisce di scattare le foto di rito prima di iniziare la discesa. Il nostro campeggio si trova in localita' Harowen ma e' chiuso per ristrutturazione! Per fortuna ci accolgono Fabian, Noelia e Augustin, il loro "nene'" di quasi 2 anni. Sono una coppia del "norte argentino" che da un anno lavorano per il proprietario. Ci fanno accampare gratuitamente nel prato e ci offrono la loro cucina per prepararci la cena. Dopo cena rimaniamo con loro a guardare le foto del posto e ci raccontano le loro difficolta' di ambientamento in un luogo - la Terra del Fuoco - totalmente diverso da quello da cui provengono. Ci mostano anche un esemplare imbalsamato di castoro: dicono che nei paraggi c'e' pieno... naturalmente "imporati" e ora divenuti una calamita' naturale...
giovedì 16 dicembre 2010
Tolhuin
Impieghiamo un'ora del nostro tempo e 10 km in piu' del previsto per trovare la giusta via d'uscita dalla citta'. E pensare che c'e' un'unica strada che entra da nord e esce da sud. Nei primi 5 km fuori dalla citta' sembra che Rio Grande ci voglia trattenere un forte vento contrario frena il nostro allontanamento. Poi 60 chilometri volano con vento a favore, ma la Patagonia e' una terra a "bilancio zero", quando ti regala qualcosa poi lo vuole indietro. Infatti la strada gira, gli altri 60 km sono con forte vento laterale e a volte ancora contrario.
Durante il percorso il paesaggio cambia passando dalla pampa patagonica a quello di pascoli intervallati da boschi di faggi australi, dapprima abbastanza piatto poi piu' collinare.
In lontananza si puo' scorgere gia' la catena montuosa con le cime innevate del sud della Terra del Fuoco; la dietro c'e' la nostra meta: Ushuaia.
Arriviamo a Tolhuin nel primo pomeriggio e dopo aver trovato alloggio per la notte ci dirigiamo alla Panaderia La Union la migliore dell'isola.
Durante il percorso il paesaggio cambia passando dalla pampa patagonica a quello di pascoli intervallati da boschi di faggi australi, dapprima abbastanza piatto poi piu' collinare.
In lontananza si puo' scorgere gia' la catena montuosa con le cime innevate del sud della Terra del Fuoco; la dietro c'e' la nostra meta: Ushuaia.
Arriviamo a Tolhuin nel primo pomeriggio e dopo aver trovato alloggio per la notte ci dirigiamo alla Panaderia La Union la migliore dell'isola.
Acqua in Terra del Fuoco
Piove tutta la notte: la ragione per la quale abbiamo "tirato" fino all'ultimo era che le previsioni meteo erano pessime. Partiamo sotto una pioggierella fina che alla lunga pero' bagna eccome! Tra la dogana cilena e quella argentina ci sono ancora 15 km di ripio, che quando piove si trasforma nella "sagra della buca piena d'acqua". Ogni veicolo che passava in un senso o nell'altro ci faceva fare i "fanghi". Pero' ce li gustiamo tutti, perche' finalmente sono gli ultimi chilometri di ripio del viaggio. Ci beviamo poi anche grazie al vento a favore gli altri 80 km di asfalto che ci portano a Rio Grande: e' la piu' grande citta' della Terra del Fuoco in cui tutte le case sono alte solamente un piano, sono tutte uguali e ugualmente tristi. La citta' e' cosi inutilmente dispersiva che da quando arriviamo a quando troviamo il centro passa un'ora. In citta' non c'e' nulla da vedere e niente da fare, perfino internet non funziona.
In Terra del Fuoco
Dopo due ore e mezza di navigazione sbarchiamo a Porvenir, Terra del Fuoco. Ci accoglie una pioggerellina fina e un paese semideserto. Tanto che per chiedere indicazioni sul percorso dobbiamo andare a mangiare al "Club Croata", dove troviamo una combricola di pensionati bresciani!
Il percorso si snoda lungo la costa della Bahia Inutil su un ripio decente e con vento a favore. Dopo 110 km ed ormai alle 20:30 Dimitri fora per la prima volta in questo viaggio. Buco alla ruota posteriore, ci ripariamo dal vento in un provvidenziale casotto che funge da rifugio di fortuna per la sostituzione della camera d'aria e ne approfittiamo anche per mangiare qualcosa. Mentre pedaliamo alla luce del tramonto, il buco si replica Dimitri aggiusta stavolta la camera mentre inveisce contro se stesso e l'Onnipotente. Tutta colpa di una scheggia di "ripio" che ha trapassato tutta la carcassa del copertone antiforatura!
Arriviamo a San Sebastian cileno alle 22:30 con l'ultima luce del crepuscolo australe. Qui l'albergatore prova a spararci la ragguardevole cifra di 60 euro per la stanza: contrattiamo e la portiamo via per 40! Che vampiro!
Il percorso si snoda lungo la costa della Bahia Inutil su un ripio decente e con vento a favore. Dopo 110 km ed ormai alle 20:30 Dimitri fora per la prima volta in questo viaggio. Buco alla ruota posteriore, ci ripariamo dal vento in un provvidenziale casotto che funge da rifugio di fortuna per la sostituzione della camera d'aria e ne approfittiamo anche per mangiare qualcosa. Mentre pedaliamo alla luce del tramonto, il buco si replica Dimitri aggiusta stavolta la camera mentre inveisce contro se stesso e l'Onnipotente. Tutta colpa di una scheggia di "ripio" che ha trapassato tutta la carcassa del copertone antiforatura!
Arriviamo a San Sebastian cileno alle 22:30 con l'ultima luce del crepuscolo australe. Qui l'albergatore prova a spararci la ragguardevole cifra di 60 euro per la stanza: contrattiamo e la portiamo via per 40! Che vampiro!
Cicciolina sulla TV cilena
In Cile non si butta niente, si aggiusta tutto. Mentre ci accingiamo ad andare a dormire, lasciamo la televisione accesa su un canale cileno. Ad un certo punto sentiamo parlare in italiano. Ci giriamo di scatto e chi vediamo? Nientemeno che Ilona Staller in arte Cicciolina! Che interpreta una principessa. Il film dura solo 15 minuti, la storia non si capisce bene e solo alla fine ci rendiamo conto che si tratta di un porno tagliato di tutte le scene hard per produrre una pellicola persino a sfondo religioso.
La TV cilena a confronto con le nostre e' chiaramente controllata dal punto di vista dei messaggi trasmessi: molti canali sono sempre occupati da predicatori cattolici impegnati in arringhe solitarie di fronte ad intere platee di pubblico; scene di nudo non ce ne sono e tutto il resto e' pubblicita' e notizie.
La TV cilena a confronto con le nostre e' chiaramente controllata dal punto di vista dei messaggi trasmessi: molti canali sono sempre occupati da predicatori cattolici impegnati in arringhe solitarie di fronte ad intere platee di pubblico; scene di nudo non ce ne sono e tutto il resto e' pubblicita' e notizie.
lunedì 13 dicembre 2010
Leche de mama (latte di mamma)
Sotto la statua di Magellano a Punta Arenas |
domenica 12 dicembre 2010
Punta Arenas
Prendiamo il bus "Bus sur" per Punta Arenas alle 10 e giungiamo a destinazione alle 13: sono circa 230 chilometri tutti pavimentati. Troviamo una sistemazione decente e abbastanza economica dove lasciamo i nostri bagagli.
E' domenica e tutte le attivita' sono chiuse, noi andiamo fino alla sede della "Transbordadora Austral" (la compagnia che effettua la traversata dello stretto di Magellano) in bici per vedere gli orari d'ufficio ma e' impossibile accedere all'interno della proprieta' perche' e' chiuso.
Il problema e' che l'orario di apertura e' affisso alla porta di ingresso posto a 15 metri dalla recinzione e per leggerlo abbiamo dovuto scattare una foto ad alta risoluzione del cartello e ingrandirlo sul display della fotocamera.
Passiamo poi il pomeriggio tra il museo regionale salesiano "Maggiorino Borgatello" (una raccolta di fauna e flora patagonica, storia delle popolazioni indigene e dell'evangelizzazione di questa terra da parte della chiesa cattolica) e una fetta di torta al cioccolato.
La sera lauta cena al "Tenedor Libre" con prezzo fisso; gestito dai cinesi.
E' domenica e tutte le attivita' sono chiuse, noi andiamo fino alla sede della "Transbordadora Austral" (la compagnia che effettua la traversata dello stretto di Magellano) in bici per vedere gli orari d'ufficio ma e' impossibile accedere all'interno della proprieta' perche' e' chiuso.
Il problema e' che l'orario di apertura e' affisso alla porta di ingresso posto a 15 metri dalla recinzione e per leggerlo abbiamo dovuto scattare una foto ad alta risoluzione del cartello e ingrandirlo sul display della fotocamera.
Passiamo poi il pomeriggio tra il museo regionale salesiano "Maggiorino Borgatello" (una raccolta di fauna e flora patagonica, storia delle popolazioni indigene e dell'evangelizzazione di questa terra da parte della chiesa cattolica) e una fetta di torta al cioccolato.
La sera lauta cena al "Tenedor Libre" con prezzo fisso; gestito dai cinesi.
Addio a Las Torres
Sveglia alle 6, le torri sono praticamente senza una nuvola, ma noi dobbiamo "levare le tende". Alla partenza non c'e' molto vento, ma la cosa non dura molto, dopo i primi chilometri siamo investiti dalle alcune raffiche che ci fanno perdere spesso l'equilibrio e quando arrivano frontali ci costringono a pedalare anche in discesa. Ci si mette anche il fondo che per la giornata sembra essere a base di "calaminas", una serie di buche ravvicinate e tutte uguali: sembra di pedalare su un ondulina. Va avanti cosi tra una buona parola e una cattiva per circa 40 chilometri, poi la strada piega e le cose cambiano: il vento traverso ci rende la vita piu' facile. Riusiciamo cosi' ad apprezzare i "Los Cuernos del Paine" montagne panna e cioccolato con la cima puntuta, che si specchiano nei vari laghi del parco e sulla destra scorgiamo anche il bagliore della lingua di ghiaccio del Glaciar Gray.
Usciamo dal parco con un lungo rettilineo piano con forte vento laterale che ci costringe a pedalare in piega come le moto da corsa. Poi un interminabile serie di saliscendi in strette vallecole circondate da boschi di faggi australi. Giungiamo alla Cueva del Mylodon, ma ci fermiamo solo il tempo di fare acqua, il cielo e' plumbeo e promette pioggia, percorriamo gli ultimi 20 chilometri di sterrato, dopo i quali ci aspettano finalmente 16 chilometri di asfalto che ci portano a destinazione Puerto Natales intorno alle 19:30.
Alla sera scorpacciata di carne alla "Picada de Carlitos" si spende poco e razioni abbondanti!
Alcuni dati tecnici di quella che al momento e' stata la tappa piu' dura: 134 i chilometri coperti in 9 ore e 7 minuti, 2220 i metri di dislivello, 40 i chilometri con forte vento contrario.
Usciamo dal parco con un lungo rettilineo piano con forte vento laterale che ci costringe a pedalare in piega come le moto da corsa. Poi un interminabile serie di saliscendi in strette vallecole circondate da boschi di faggi australi. Giungiamo alla Cueva del Mylodon, ma ci fermiamo solo il tempo di fare acqua, il cielo e' plumbeo e promette pioggia, percorriamo gli ultimi 20 chilometri di sterrato, dopo i quali ci aspettano finalmente 16 chilometri di asfalto che ci portano a destinazione Puerto Natales intorno alle 19:30.
Alla sera scorpacciata di carne alla "Picada de Carlitos" si spende poco e razioni abbondanti!
Alcuni dati tecnici di quella che al momento e' stata la tappa piu' dura: 134 i chilometri coperti in 9 ore e 7 minuti, 2220 i metri di dislivello, 40 i chilometri con forte vento contrario.
Una torre e tre quarti
Ci svegliamo fiduciosi in una giornata almeno decente, a quanto dicevano le previsioni meteo ci dovevano essere un paio di acquazzoni e poi poco nuvoloso. Colazione e rimaniamo indecisi se partire o no per il mirador, sono 7 ore di camminata andata e ritorno per un dislivello complessivo di circa 1500 metri. Alla fine alle 10 partiamo con la speranza che il cielo si apra, arriviamo al Rifugio Cileno, iniziano a cadere palline ghiacciate, continuiamo la nosta ascesa, la pioggia ghiacciata diventa neve, inizia ad imbiancarsi il sentiero e tutto il paesaggio circostante. Ci fermiamo al riparo di un albero per mangiare il nostro pranzo a base di pan carre', prosciutto e formaggio. Ad un certo punto sembra che il tempo migliori, ci affrettiamo e ci inerpichiamo il piu' velocemente possibile per l'ultimo tratto di sentiero che sale e si snoda attraverso enormi blocchi di granito. Arriviamo alla fine e tutto quello che possiamo vedere oltre alla laguna alla base della montagna sono la torre centrale, meta' torre nord e la base di quella sud. Scendiamo parzialmente delusi quando il freddo ci costringe ad abbandonare il campo e una volta giunti nuovamente al Rifugio Cileno sopra di noi splende il sole, ma le torri sono ancora avvolte dalle nuvole.
Per consolarci ci prendiamo delle patatine, una boccia di coca cola e dei biscotti al cioccolato.
Doccia e per cena un "gustosissimo" risotto primavera in busta, e dopo cena ancora all'Hosteria per una birra.
Viste le previsioni meteo non bellissime decidiamo per l'indomani di partire presto e tentare di arrivare a Puerto Natales in un tiro: sono oltre 130 chilometri e quasi tutti sterrati.
Per consolarci ci prendiamo delle patatine, una boccia di coca cola e dei biscotti al cioccolato.
Doccia e per cena un "gustosissimo" risotto primavera in busta, e dopo cena ancora all'Hosteria per una birra.
Viste le previsioni meteo non bellissime decidiamo per l'indomani di partire presto e tentare di arrivare a Puerto Natales in un tiro: sono oltre 130 chilometri e quasi tutti sterrati.
Hosteria Las Torres
Da Cerro Castillo, partiamo con calma (dopo rifornimento viveri che ci dovranno servire per la permanenza al Parque Nacional Torres del Paine), ci aspettano circa 65 chilometri di strada ondulata e per circa la meta' contro vento, giornata non bellissima e fredda e per fortuna la pioggia ci risparmia Negli ultimi 15 chilometri siamo stati seguiti da un cane che poi in qualche modo siamo riusciti a cacciare via. L'ingresso al parco costa ai turisti 15000 pesos cileni, mentre per i visitatori nazionali costa solo 4000 pesos. Giungiamo all'Hosteria Las Torres dove campeggiamo gia' nel primo pomeriggio, dal nostro posto tenda possiamo vedere due delle tre torri, anche se sono parzialmente coperte. Doccia calda, pasta al sugo e poi la sera ci concediamo una birra al "bar el pionero" all'interno dell'hosteria, un albergo tra i migliori della nazione, pernottare un minimo di tre notti in camera singola costa la bellezza di 2200 dollari americani.
L'indomani ci aspetta il trekking per il "Mirador las Torres" quindi andiamo a letto presto.
L'indomani ci aspetta il trekking per il "Mirador las Torres" quindi andiamo a letto presto.
Un'occasione perduta
Nel 1921 in Patagonia la Societa' Operaia di Rio Gallegos sotto la guida di Antonio Soto - un galiziano di 24 anni - ottenne conquiste sindacali allora insperate (compreso il pagamento delle spese di propaganda sindacale nelle immense distese patagoniche a carico degli "estancieros") tramite scioperi massicci. Poiche' da pochi anni in Russia gli operai avevano preso il potere, le societa' "ganadiere" della patagonia chiesero e ottenero dal governo che fosse inviato l'esercito a stroncare le rivolte sindacali. La vicenda si chiuse con la fucilazione di 1500 lavoratori senza processo e prima della scadenza dell'ultimatum lanciato dal "macellaio" colonnello Varela. La vicenda venne passata sotto silenzio (ma Varela fu a sua volta ucciso da un anarchico per vendetta). Successivamente uno storico argentino - Osvaldo Bayer - riporto' alla luce i fatti e per questo venne perseguitato politicamente. Ora il clima politico in Argentina e' cambiato e proprio mentre noi siamo a El Calafate alla Estancia La Anita - teatro dei tragici fatti - si commemorano i 1500 fucilati alla presenza di Osvaldo Bayer e della figlia di Soto (con "asado popular" alla fine). Noi partiamo di buon mattino in macchina con i due italici: visita al Ghiacciaio Perito Moreno e poi commemorazione. In realta' qualcosa va storto: il tempo passa e non ce ne accorgiamo (tranne Alberto ma gli altri sono dispersi nel labirinto di passerelle). Quando ci riuniamo all'auto e' gia' tardi e a questo si aggiunge che la strada che doveva portarci all'estancia La Anita non c'e'!!! Perdiamo in questo modo una grandissima occasione di partecipare ad un evento non turistico che ci avrebbe portato a contatto diretto con la storia dell'anima patagonica. Con Alberto su tutte le furie salutiamo i torinesi e partiamo per in autobus per Cerro Castillo, dove - passata la dogana - ci accoglie la neve e l'Hospedaje piu' caro del Cile.
Via da El Chalten
Partiamo la mattina presto in autobus in direzione di El Calafate. Sua Maesta' il Torre e il Fitz Roy si fanno beffe di noi e si mostrano nella loro spettacolare potenza dopo diversi giorni di copertura nuvolosa. Durante il lungo rettilineo di allontanamento da El Chalten, tentiamo di ammirarli dagli scorci dei finestrini. Pausa alla Estancia "La Leona" (cosi' chiamata perche' qui il famoso Perito Francisco Pascasio Moreno venne attaccato e ferito da una femmina di puma). Arriviamo a El Calafate a meta' mattina e ne' trascorriamo il resto all'ufficio turistico per recuperare tutte le informazioni che ci servono per programmare la permanenza. Alla fine decidiamo di alloggiare insiema a Mose' e Paolo, i due torinesi molto malandati nelle gambe dopo diversi giorni di trekking. Per la giornata successia decidiamo di affittare una macchina insieme ai due compatrioti per visitare il Ghiacciaio Perito Moreno e presenziare ad una cerimonia di commemorazione della fucilazione di 1500 lavoratori patagonici avvenuta nel 1921 ad opera dell'esercito argentino che era deciso a interrompere con la forza lo sciopero. A fine giornata visitiamo il museo di storia naturale di El Calafate (dove abbiamo apprezzato lo scheletro del milodonte) e la laguna Nimez (dove Dimitri si e' sbizzarrito a fotografare i fenicotteri rosa). Cena al tenedor libre e nanna.
martedì 7 dicembre 2010
Sua maesta' non riceve
Giornata migliore della precedente, anche oggi raffiche di vento e polvere, ma non piove. Dopo la colazione in campeggio (ci siamo trasferiti per i topi d'ostello), partiamo di buon passo in quattro: due veronesi e due torinesi. Gia alla partenza le speranze di vedere il Torre sono ridotte al lumicino, arriviamo a laguna Torre e rimaniamo delusi anche dalla scarsa presenza di iceberg nell'acqua. Aspettiamo un'oretta al riparo dal forte vento dietro una barriera di pietre accatastate ad hoc e ne approfittiamo per nutrirci! Ma oggi sua maesta' ha deciso che non riceve. Alberto si avvia da solo al Campamento De Agostini, dove si addormenta come un barbone su una panchina al sole protetto dal vento. Gli altri lo cercano ma non lo trovano e decidono di proseguire sulla via accordata.
Quando il bell'addormentato nel bosco si desta non sa piu' se e' lui davanti o lo sono gli altri e dopo essere disceso al bivio obbligato attende invano un'altra ora. Alla fine ritorna al campeggio da solo, mentre gli altri pensando che lui sia avanti camminano di buon passo per raggiungerlo ma invano, e infine giungono stremati in paese al tramonto, tra tendiniti e dolori muscolari vari.
Ci ritroviamo tutti insieme davanti ad una grigliata colossale a "El muro", dove salutiamo Herve' che da domani proseguira' da solo nel suo viaggio verso Usuhaia.
Un dia inutil
Ci svegliamo il tempo e' nuvoloso e non promette di migliorare per la giornata, raffiche di vento e polvere e spruzzi di piogga.
Dedichiamo la giornata al nutrimento, vagabondiamo per El Chalten fino a meta' pomeriggio, tra una panaderia e un ristobar. Risvegliatici dal torpore narcolettico postdigetivo decidiamo di camminare fino all'estancia Madsen che si trova qualche chilometro a nord del paese: Andrea Madesen (1881-1964), "primo poblador" di El Chalten, e' stato un grande passionario patagonico. Marinaio, geografo, allevatore e contadino ha scritto parole meravigliose su questa terra che ha amato al punto di collocare la sua casa in modo da aprire le finestre la mattina e vedere il Cerro Fitz Roy e di chiamare con il nome della montagna il suo terzo figlio. Arriviamo all'ingresso dell'Estancia ma l'ingresso e' sbarrato e con chiari segnali intimidatori di non varcare il limite.
La sera visto che i nostri amici sono arrivati finalmente in paese siamo andati tutti in sieme (noi due, Herve', Mose' e Paolo) ad abbuffarci di ottima pizza al Patagonicus (locale della famiglia Fava, di Cesarino l'alpinista) dove abbiamo speso solamente 10 euro a testa.
La figlia di Cesarino ci spiega che un tizio del paese si e' appropriato dell'estancia rimasta abbandonata e impedisce qualsiasi avvicinamento agli estranei grazie anche ad una muta di cani feroci:
ci accontentiamo di scattare qualche foto alle foto del vecchio Madsen mentre accoglieva i grandi alpinisti che arrivavano a El Chalten per sfidare il Fitz Roy ed il Cerro Torre.
Dedichiamo la giornata al nutrimento, vagabondiamo per El Chalten fino a meta' pomeriggio, tra una panaderia e un ristobar. Risvegliatici dal torpore narcolettico postdigetivo decidiamo di camminare fino all'estancia Madsen che si trova qualche chilometro a nord del paese: Andrea Madesen (1881-1964), "primo poblador" di El Chalten, e' stato un grande passionario patagonico. Marinaio, geografo, allevatore e contadino ha scritto parole meravigliose su questa terra che ha amato al punto di collocare la sua casa in modo da aprire le finestre la mattina e vedere il Cerro Fitz Roy e di chiamare con il nome della montagna il suo terzo figlio. Arriviamo all'ingresso dell'Estancia ma l'ingresso e' sbarrato e con chiari segnali intimidatori di non varcare il limite.
La sera visto che i nostri amici sono arrivati finalmente in paese siamo andati tutti in sieme (noi due, Herve', Mose' e Paolo) ad abbuffarci di ottima pizza al Patagonicus (locale della famiglia Fava, di Cesarino l'alpinista) dove abbiamo speso solamente 10 euro a testa.
La figlia di Cesarino ci spiega che un tizio del paese si e' appropriato dell'estancia rimasta abbandonata e impedisce qualsiasi avvicinamento agli estranei grazie anche ad una muta di cani feroci:
ci accontentiamo di scattare qualche foto alle foto del vecchio Madsen mentre accoglieva i grandi alpinisti che arrivavano a El Chalten per sfidare il Fitz Roy ed il Cerro Torre.
domenica 5 dicembre 2010
Ne rimarranno solamente due
Ci svegliamo all'alba per percorrere i 7 km che ci separano dal porto sul lago O'Higgins: di ciclisti ci siano noi due, Herve' il francese, ancora Andi il parassita tedesco, due olandesi "malmostosi". un barbuto e anziano tedesco, un'altra coppia di tedeschi, un samurai giapponese partito due anni fa dall'Alaska con minibici e un branco di brasiliani tipo "mister io sono pieno di soldi, ho il naso rifatto da Pintagui e viaggio leggero e se non ce la faccio vieni a prendermi!". Ci sono anche Paolo e Mose', i due torinesi a piedi con lo zaino. La navigazione del lago non e' un granche' anche se costa 65 euro a persona. La nave e' ecosostenibile: se devi produrre smog, te lo respiri: infatti i gas di scarico vanno tutti in cabina. Arrivati a Candelario Mancilla, sbrighiamo le formalita' di dogana cilena, spuntino e via alle ore 13.00: partiamo per ultimi, la salita e' estrema (sassi grossi e frantumati misti a sabbia). Ad un certo momento Dimitri si ferma per un problema di "merda" ed e' costretto ad attendere i torinesi che gli vengono in soccorso donandogli alcuni pezzi di "papel higenico" e cosi' rimane ultimo. Intanto Alberto, sparato come un proiettile, in una sorta di furore patagonico si porta in testa al gruppo. Dimitri, alleggerito del carico, recupera posizione su posizione e a ritmi "disumani" aggancia il gruppo di testa. Arriviamo in sei al confine su un dosso dove ci sono solo i cartelli di benvenuto in Argentina da una parte e in Cile dall'altra. Foto di rito e da qui in poi viene il bello: i 2 chilometri della "morte nera" sono in realta' 7!!! Sterpi spinosi strappa borse e pelle che ci obbligano a passaggi stile "cinghiale", radici, fango fino a meta' polpaccio, molti guadi di torrenti con acqua fino al ginocchio da superare con bici (e carico) in spalla, ponti fatti di tronchi malmessi (la Valsorda in confronto e' una gita domenicale), trincee scavate dall'acqua e profonde anche un metro in cui passa la bici ma non le borse (dobbiamo camminare noi dentro la trincea e far scorrere la bici a lato sopra la nosta testa). Il tutto per 7 interminabili chilometri di su e giu'. Naturalmente in quei frangenti le nostre escalmazioni non erano da rosario. Arriviamo alla dogana argentina in riva alla Laguna del Desierto con un'ora e un quarto di anticipo sull'ultimo "barco" delle 18.30. Siamo in tempo per goderci lo spettacolo meraviglioso del Fitz Roy e del Torre visti da dietro in una giornata che e' stata meravigliosa. Quando il barco salpa, in ritardo alle 19.00, Herve' raggiunge la sponda, non fa in tempo a salire e ci saluta dal molo. Degli altri nessuna traccia. Sbarchiamo alle 19.45 e ci mancano ancora 37 km di ripio tritapalle a El Chalten. Per fortuna le giornate patagoniche sono lunghe e c'e' luce fino alle 22.00. Arriviamo che ormai e' buio. El Chalten e' irriconoscibile: sfigurata dal turismo di massa: non si trova da dormire e riusciamo a recuperare un letto solo alle 23. Giusto in tempo per andare alla "Casita", locale dimesso dove la TV trasmette immagini di signore discinte riprese dal lato B, per mangiare un "bife di chorizo" che ci costa la bellezza di 20 euro! I vampiri sono arrivati anche in Argentina e si cibano del sangue dei turisti.
sabato 4 dicembre 2010
Padre Antonio Ronchi
Il barco che da Yungay ci ha portati a Villa O`Higgins si chiama Barcaza Padre Antonio Ronchi. Chi era questo Antonio Ronchi (che qui leggono Ronci)? La Patagonia e` una terra che da sempre ha attratto persone "appassionate", preti, cercatori d`oro, avventurieri, briganti, reporter, pazzi, marinai, geografi, ecc... Cosicche` abbiamo raccolto alcune informazioni. Nato nel 1930 a Cinisello Balsamo in una una famiglia di circa 13 fratelli, fattosi prete molto giovane e partito per il Cile era stato assegnato alla diocesi di Aysen, la regione cilena in cui ci troviamo. Trascorsi i primi periodi nell`isola di Chiloe`, allora molto povera, si era inoltrato poi nelle regioni dell`entroterra fino a Villa O`Higgins allora remotissime e poverissime per portare il messaggio di Cristo con le sue opere píu` che con le parole. Organizzava la costruzione di scuole, chiese, strade e vie di comunicazione in senso materiale e virtuale: infatti oltre a ponti e carrettere ha fondato anche molte radio. Curava anche la comunicazione tra le persone: era riconociusto come "pacere" nei contrasti tra singole persone e tra comunita` e quando non riusciva a raggiungere il risultato chiedeva ai contendenti di partecipare almeno ad una messa insieme. Era in grado di coprire distanze incredibili a piedi nella foresta da solo e in tutte le stagioni si spostava instancabilmente da un paese all`altro e dicono che ricompensasse la costruzione delle chiese pagando con libri. Nel 1997 dopo 4 bypass e a causa del diabete malcurato e` morto e in parte e` stato dimenticato. Ora una fondazione sta cercando di recuperare la memoria di questo altro "passionario" patagonico chidendo anche alla gente con cartelli affissi nei luoghi pubblici di qui di rendere disponibile materiale fotografico che lo ritrae.
venerdì 3 dicembre 2010
Un dia de descanso
Un giorno di riposo in attesa di passare in Argentina domani: 7 km al porto, 2 ore e mezza di barco sul Lago O`Higgins, 22 chilometri di bici con i due chilometri della morte nera (fango, radici e torrenti da guadare), 35 minuti di barco su La Laguna del Desierto, 40 chilometri di bici fino ad El Chalten sotto il Fitz Roy e il Cerro Torre. Staremo a vedere.
Solo in Cile:
In Cile c`e` sempre qualcosa che non va.
I cileni non hanno la minima idea delle distanze che ci sono tra le varie localita`.
Tutti i lavandini vengono installati negli angoli dei bagni, anche se molto grandi.
Le maniglie non aprono sempre solo verso il basso ma talvolta solo verso l`alto.
Lo scopino del bagno si trova solo in casi eccezionali e in cucina.
Le finestre dei bagni si trovano solo in corrispondenza della doccia.
Spesso quando chiedi informazioni se le inventano piuttosto di dirti che non sanno risponderti.
Tutte le condutture di adduzione o di scarico del caso sono a vista.
I soffitti sono sempre piu` bassi di 2,70 metri, spesso 2,10 metri solamente.
Piove una sola volta che dura per 365 giorni.
In un solo giorno puoi vivere tutte le stagioni dell-anno sulla tua pelle.
Solo in Cile:
In Cile c`e` sempre qualcosa che non va.
I cileni non hanno la minima idea delle distanze che ci sono tra le varie localita`.
Tutti i lavandini vengono installati negli angoli dei bagni, anche se molto grandi.
Le maniglie non aprono sempre solo verso il basso ma talvolta solo verso l`alto.
Lo scopino del bagno si trova solo in casi eccezionali e in cucina.
Le finestre dei bagni si trovano solo in corrispondenza della doccia.
Spesso quando chiedi informazioni se le inventano piuttosto di dirti che non sanno risponderti.
Tutte le condutture di adduzione o di scarico del caso sono a vista.
I soffitti sono sempre piu` bassi di 2,70 metri, spesso 2,10 metri solamente.
Piove una sola volta che dura per 365 giorni.
In un solo giorno puoi vivere tutte le stagioni dell-anno sulla tua pelle.
giovedì 2 dicembre 2010
Villa O`Higgins in un tiro
Pagato il conto salato, partiamo tutti con il "barco" alle 10,
anche se sui cartelli stradali c`e` scritto che parte alle 11.
Sbarchiamo per percorrere il tratto piu` deserto della Carretera
Austral sotto la pioggia. Venti chilometri di pianura poi, come ci
aveva preannunciato Francisco il vampiro, 3 passi di montagna di fila
per altri 25 km; poi chilometri e chilometri di piano. E questa volta
con vento in poppa. Mangiamo il ripio, polverizziamo il tedesco,
perdiamo di vista il francese e abbiamo tempo anche per una scena
tragicomica: lanciati nel vento Dimitri frena per evitare una serie di
buche piene di acqua, Alberto che ha i freni ridotti alla frutta non
se ne avvede in tempo e per evitare il tamponamento patagonico spicca
un volo acrobatico che lo porta ad un tuffo verso il torrente di scolo
che corre a fianco della strada. Per fortuna il tutto si risolve con
un solo guanto bagnato fradicio e una mitica risata... Poi ancora
saliscendi, un`ultima rampa, discesa e vediamo il paese e ci sembra di
toccarlo con un dito. Peccato pero` che per raggiungerlo la strada ci
costringa a costeggiare un lago, salire una montagna, attraversare un
fiume e perorrere altri chilometri in saliscendi. Alla fine l`ultimo
chilometro prima del paese e` di ripio a ciotoli di fiume impastati
con sabbia. Siamo a Villa O`Higgins: 100 km in un solo pomeriggio. Qui
finisce la Carretera Austral. Troviamo alloggio in un ostello dove ad
aspettarci ci sono Paolo e Mose`, due ragazzi di Torino che avevamo
conosciuto quando eravamo stati prigionieri del mare. Ci preparano
anche una succulenta cena...
anche se sui cartelli stradali c`e` scritto che parte alle 11.
Sbarchiamo per percorrere il tratto piu` deserto della Carretera
Austral sotto la pioggia. Venti chilometri di pianura poi, come ci
aveva preannunciato Francisco il vampiro, 3 passi di montagna di fila
per altri 25 km; poi chilometri e chilometri di piano. E questa volta
con vento in poppa. Mangiamo il ripio, polverizziamo il tedesco,
perdiamo di vista il francese e abbiamo tempo anche per una scena
tragicomica: lanciati nel vento Dimitri frena per evitare una serie di
buche piene di acqua, Alberto che ha i freni ridotti alla frutta non
se ne avvede in tempo e per evitare il tamponamento patagonico spicca
un volo acrobatico che lo porta ad un tuffo verso il torrente di scolo
che corre a fianco della strada. Per fortuna il tutto si risolve con
un solo guanto bagnato fradicio e una mitica risata... Poi ancora
saliscendi, un`ultima rampa, discesa e vediamo il paese e ci sembra di
toccarlo con un dito. Peccato pero` che per raggiungerlo la strada ci
costringa a costeggiare un lago, salire una montagna, attraversare un
fiume e perorrere altri chilometri in saliscendi. Alla fine l`ultimo
chilometro prima del paese e` di ripio a ciotoli di fiume impastati
con sabbia. Siamo a Villa O`Higgins: 100 km in un solo pomeriggio. Qui
finisce la Carretera Austral. Troviamo alloggio in un ostello dove ad
aspettarci ci sono Paolo e Mose`, due ragazzi di Torino che avevamo
conosciuto quando eravamo stati prigionieri del mare. Ci preparano
anche una succulenta cena...
La tappa infinita 2. Parte seconda: i vampiri di Puerto Yungay
Ci svegliamo sotto la pioggia. Colazione asciutta con soli biscotti e
smontiamo il campo sotto la pioggia e con i piedi nell`acqua e
partiamo sotto la pioggia e con temperatura di 5 gradi. A turno ci si
congelano le mani, poi i piedi, poi il naso, poi le orecchie. Poi
quando tutto si riscalda grazie ai vari strati di vestiario tecnico,
e`ora di fare pipi` e tutto ricomincia... Tappa piana, con fondo
sconnesso nei boschi. Arriviamo al bivio tra Caleta Tortel e Puerto
Yungay: 22 km in discesa la prima e 30 in salita drammatica il
secondo. Si pone un dilemma: se andiamo a Tortel dobbiamo poi tornare
indietro per andare a Yungay a prendere il "barco" e la strada si
allunga di 52 km. Chiediamo ad un operaio della strada che ci dice che
si puo` pernottare a Yungay, sono le 15.15 e prendiamo la via che piu`
rispetta il "principio di parsimonia". Si va a Yungay. Lasciamo un
biglietto attaccato al cartello stradale per Herve`. Salita durissima,
sotto la pioggia, con freddo fino a 4 gradi e nevischio nella parte
sommitale del passo. Ma come sempre dopo ogni salita c`e` una discesa
che ci porta a Yungay con 10 km in meno del previsto. Arrivati al
molo, incontriamo Francisco e Ines, gli unici due abitanti del paese.
Diverse case abbandonate e una chiesa. Si offrono di condividere con
noi la loro seconda camera e la loro doccia. A noi sta bene.
Gestiscono anche il chiosco al molo dove ci si puo` rifocillare.
Entriamo e mangiamo un po` di tutto. Intanto arriva Herve` con una
sorpresa: ha ancora il tedesco tra le palle! Facciamo la doccia e
Francisco ci parla del fatto che per lui incontrare persone che
viaggiano e` una occasione offrire misericordia... Ines ci prepara la
cena, che Francisco benedice con tanto di preghiera. Facciamola breve:
uno spuntino di meta` pomeriggio, una doccia, una cena, un
pernottamento sul pavimento del chiosco nel nostro sacco a pelo e una
colazione ci sono costati 95 euro in due. Abbiamo soprannominato i due
"I Vampiri di Puerto Yungay"...
smontiamo il campo sotto la pioggia e con i piedi nell`acqua e
partiamo sotto la pioggia e con temperatura di 5 gradi. A turno ci si
congelano le mani, poi i piedi, poi il naso, poi le orecchie. Poi
quando tutto si riscalda grazie ai vari strati di vestiario tecnico,
e`ora di fare pipi` e tutto ricomincia... Tappa piana, con fondo
sconnesso nei boschi. Arriviamo al bivio tra Caleta Tortel e Puerto
Yungay: 22 km in discesa la prima e 30 in salita drammatica il
secondo. Si pone un dilemma: se andiamo a Tortel dobbiamo poi tornare
indietro per andare a Yungay a prendere il "barco" e la strada si
allunga di 52 km. Chiediamo ad un operaio della strada che ci dice che
si puo` pernottare a Yungay, sono le 15.15 e prendiamo la via che piu`
rispetta il "principio di parsimonia". Si va a Yungay. Lasciamo un
biglietto attaccato al cartello stradale per Herve`. Salita durissima,
sotto la pioggia, con freddo fino a 4 gradi e nevischio nella parte
sommitale del passo. Ma come sempre dopo ogni salita c`e` una discesa
che ci porta a Yungay con 10 km in meno del previsto. Arrivati al
molo, incontriamo Francisco e Ines, gli unici due abitanti del paese.
Diverse case abbandonate e una chiesa. Si offrono di condividere con
noi la loro seconda camera e la loro doccia. A noi sta bene.
Gestiscono anche il chiosco al molo dove ci si puo` rifocillare.
Entriamo e mangiamo un po` di tutto. Intanto arriva Herve` con una
sorpresa: ha ancora il tedesco tra le palle! Facciamo la doccia e
Francisco ci parla del fatto che per lui incontrare persone che
viaggiano e` una occasione offrire misericordia... Ines ci prepara la
cena, che Francisco benedice con tanto di preghiera. Facciamola breve:
uno spuntino di meta` pomeriggio, una doccia, una cena, un
pernottamento sul pavimento del chiosco nel nostro sacco a pelo e una
colazione ci sono costati 95 euro in due. Abbiamo soprannominato i due
"I Vampiri di Puerto Yungay"...
La tappa infinita 2. Prima parte: i cavalieri nel lago
Una volta visto il tedesco che lavava i piatti con la berretta e in
mutande innondando la cucina della cabana, decidiamo che ne abbiamo
abbastanza. Ci accordiamo con Herve per abbandonarlo a se stesso. Noi
due partiamo, il francese si incarica di sganciarlo. Il tempo e`
brutto, ci aspetta una tappa lunga fino a Caleta Tortel e sappiamo che
la dovremo spezzare. Resistiamo sotto la pioggia fino a 60 chilometri,
il ripio ha fatto la sua parte, dobbiamo arrenderci. Alla prima
possibilita` piantiamo la tenda sotto la pioggia battente: il fondo
e`argilloso, subito non sembra male ma poi non drena... si forma un
lago. Per fortuna la tenda fa il suo dovere e nonostante 11 ore di
acqua incessante da sopra e da sotto non ci bagnamo. Riusciamo anche a
cucinarci in tenda una pasta al tonno e carciofi e dormiamo umidi ma
tranquilli fino al giorno dopo.
mutande innondando la cucina della cabana, decidiamo che ne abbiamo
abbastanza. Ci accordiamo con Herve per abbandonarlo a se stesso. Noi
due partiamo, il francese si incarica di sganciarlo. Il tempo e`
brutto, ci aspetta una tappa lunga fino a Caleta Tortel e sappiamo che
la dovremo spezzare. Resistiamo sotto la pioggia fino a 60 chilometri,
il ripio ha fatto la sua parte, dobbiamo arrenderci. Alla prima
possibilita` piantiamo la tenda sotto la pioggia battente: il fondo
e`argilloso, subito non sembra male ma poi non drena... si forma un
lago. Per fortuna la tenda fa il suo dovere e nonostante 11 ore di
acqua incessante da sopra e da sotto non ci bagnamo. Riusciamo anche a
cucinarci in tenda una pasta al tonno e carciofi e dormiamo umidi ma
tranquilli fino al giorno dopo.
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